domenica 16 novembre 2014

Domande di attualità in tema di autismo

“Dottore, ma è vero che l’autismo è dovuto ai vaccini?”
“Mi hanno detto che chi è autistico non può mai guarire”.
“Molti affermano che non ha senso privarsi di determinati alimenti in presenza di autismo. E’ vero?”

Ecco, basterebbero queste tre domande per riempire pagine e pagine di articoli sui rispettivi temi.
Vorrei trarre spunto da questi impegnativi quesiti per porre l’accento su un altro aspetto del problema, non meno importante e non meno trascurabile agli occhi degli interessi di chi si pone e ci pone queste domande. Mi riferisco infatti al ruolo del medico che si trova davanti a interrogativi tanto forti, posti dai familiari di bambini così duramente colpiti da una patologia come quella autistica.
Ciascuno dei temi in questione, vede già delineati, ormai da anni, schieramenti praticamente definibili “pro” o “contro” i vaccini (ne va della salute di milioni di bambini che stanno nascendo e crescendo), pro o contro le diete nell’autismo, inclini o non inclini a credere nelle possibilità di “uscita” dall’autismo.
Indipendentemente dalle opinioni personali dei singoli sanitari riguardo a queste enormi problematiche, credo ci si debba preliminarmente soffermare su un diritto/dovere di ogni medico e operatore del settore: maturare delle opinioni proprie, non dettate dai “sentito dire”, non condizionate da chi regge dall’alto i fili del presunto “sapere ufficiale”, non corrotte dal denaro di lobbies farmaceutiche o di altre industrie che sostengono posizioni e tendenze a seconda dei rispettivi e opposti interessi.
Un medico favorevole ai vaccini, dovrebbe essere tale perché convinto dell’eventuale innocuità e dei benefìci dei vaccini, non perché incentivato economicamente dalle case farmaceutiche, o perché fanaticamente schierato senza aver mai veramente verificato la lesività o la non pericolosità di tali pratiche.
Chi afferma che le diete prive di glutine, caseina, soia e mais, nell’autismo non servono a niente e non sono “scientificamente validate”, dovrebbe trovare conferma delle sue affermazioni nella pratica quotidiana, nella verifica sul campo, e non su quanto affermato aprioristicamente da chi preferisce non sforzarsi nemmeno a verificare la propria posizione di chiusura verso il nuovo e il cosiddetto “non convenzionale”. Dopo di che, si assumano pure posizioni favorevoli o contrarie, ma sulla base di verifiche concrete e non di affermazioni teoriche.  
Lo stesso dicasi per quelli che io definisco “seminatori di negatività e di disperazione”, ossia i sostenitori dell’impossibilità di superare lo stato di autismo. La presenza di bambini, ragazzi, uomini, in passato diagnosticati autistici (e, si badi bene, non c’era errore di diagnosi, come vigliaccamente alcuni insinuano) e oggi non più gravati dai sintomi di quella patologia, sono una realtà visibile agli occhi di tutti. Negarne l’esistenza, negare che provenissero da quella situazione, negare che chicchessia possa “uscire dall’autismo”, è una atto di terrorismo psicologico, culturale, morale. Con questo non voglio asserire che tutti gli autistici possano cessare di essere tali, o che con la crescita non abbiano o non possano avere altri problemi, ma di qui a dire che lo status di autistico, tale è e tale è immutabilmente destinato a rimanere, credo sia una forma di cattiveria oltre che di ignoranza.

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