Mi scrive una logopedista:
Dottore
buonasera. Mi rincresce non aver potuto partecipare al suo corso, ma quest'anno
ho avuto un po’ di difficoltà organizzative...però mi faccia sapere le nuove
date e cercherò di fare il possibile per esserci. Detto ciò volevo condividere
con lei un fenomeno che ultimamente vedo verificarsi tra i miei pazienti. Ho
avuto modo di vedere diversi bambini tra i 2 anni e mezzo 3 con sospetta
diagnosi di autismo o comunque disturbo generalizzato dello sviluppo... non
verbali. Li ho inviati come da routine dal neuropsichiatra per poter
intraprendere l'iter diagnostico... Alla fine del percorso le diagnosi erano
conferma dei miei sospetti...ma l'incredibile e che a 3 bambini su 4 hanno
detto di interrompere la logopedia e di fare 4 volte a settimana terapia
cognitivo comportamentale… con metodo… Ora...io mi chiedo... perché???? E come
è possibile che diano indicazione di non fare la logopedia perché non è di
primaria importanza per il linguaggio?? Io rimango allibita e senza parole...
Questa la mia risposta:
Buonasera, la mia risposta alle sue legittime perplessità, ha radici multiple, che
spero di esporre in modo chiaro e sintetico: Innanzitutto, perché l'invio "come da
routine" al neuropsichiatra e non al foniatra? Personalmente, come foniatra,
sono molto più portato di un neuropsichiatra a indicare una presa in carico
logopedica e non una terapia "cognitivo comportamentale" (che poi che
significa?) peraltro condotta da operatori spesso improvvisati, e con
competenze inferiori ai logopedisti. Ma, e qui viene un secondo punto, i
logopedisti si fanno trovare davvero più preparati e all'altezza della
situazione? Terzo punto: credo di no, almeno nella maggior parte dei casi.
Vede, la contraddizione è anche questa: i logopedisti vorrebbero maggiori spazi
e attenzioni, ma si rivolgono loro per primi agli alleati meno adatti (i
neuropsichiatri). Perché io organizzo -ormai da venti anni- corsi continui di
formazione e aggiornamento? Proprio per dare possibilità di trovare maggiori
spazi "logopedici" nella riabilitazione, dalla voce artistica
all'autismo, dalle paralisi cerebrali alle balbuzie, dai disturbi di
apprendimento alle sordità... e così via. Ma se i logopedisti per primi si
autolimitano e non saldano meglio i rapporti con foniatri come me, accade e
accadrà sempre più spesso ciò che lei mi ha riferito in questa mail. Seguire i
miei corsi, non deve essere visto come un accontentare me, ma come il trovare
spazi, ambienti, situazioni e occasioni per valorizzare al massimo le proprie
competenze (logopediche) e il proprio lavoro. Sono sempre stato il più forte
alleato e sponsor della logopedia, ma... non profeta in patria! Cordialmente.
Massimo
Borghese
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