Perché un quarto libro sull’autismo? Quali motivi l’hanno spinta a scriverne un altro dopo quello pubblicato nel 2007?
Differenti e numerosi motivi mi hanno spinto a scrivere “Autismi”. L’impulso principale è scaturito dalla necessità di assemblare in un unico volume tutto ciò che in questi anni ho realizzato e divulgato sul tema dell’autismo. Ho voluto confezionare un raccoglitore di facile ed immediata consultazione che consentisse a chi, interessato all’argomento, volesse ritrovarsi a portata di mano un gran numero di aggiornate informazioni sulle cause, i sintomi, i rimedi, la realtà degli operatori sanitari e delle famiglie, le tematiche sociali, le discussioni, i contenziosi, i problemi, i dibattiti, la bibliografia mondiale… su questa complessa patologia. E poi direi che mi ha indotto a pubblicare “Autismi”, anche la voglia di rendere ancora più chiaro e noto che tante definizioni, tante modalità di espressione ma anche di lavoro, che oggi molti si attribuiscono, sono state ideate e prodotte da me, in tempi di gran lunga antecedenti quelli nei quali sono emersi tutti coloro i quali mi hanno copiato. C’è infatti un capitolo di questo libro in cui riporto le mie pubblicazioni ed i miei scritti degli scorsi anni, da cui si può inequivocabilmente dedurre quando fui io per primo a parlare in certi termini e di determinate modalità operative; a cominciare proprio dall’utilizzo del termine “autismi” piuttosto che di “autismo”.
Perché il titolo “Autismi”?
Perché effettivamente sotto un’unica definizione si raccolgono quadri clinici molto diversi l’uno dall’altro, accomunati, sì, da quella sintomatologia di base che caratterizza un soggetto rientrante nello spettro autistico, ma con diversificazioni talmente evidenti, che alla fine si rende necessario soffermarsi a descriverle ed approfondirle.
A chi è rivolto questo libro?
Ho scritto “Autismi” pensando di rivolgermi contemporaneamente a medici, operatori della riabilitazione, insegnanti, insegnanti di sostegno, ma soprattutto a famiglie e lettori non necessariamente collegati all’autismo per motivi e vicende personali. La mia ambizione, nello scrivere questo libro, è stata forse soprattutto quella di concepirlo di interesse generale, universalmente trasversale tra tutte le fasce di potenziali lettori interessati all’autismo e, più in generale, alla comunicazione umana, nei suoi aspetti normali e patologici.
Cominciamo a parlare della dedica: “A chi ha rispetto del mio tempo”.
Da molti anni, ormai, con l’intensificarsi delle mie attività e di ritmi di vita sempre più frenetici, durante i quali cerco comunque di continuare a rendermi ugualmente disponibile con chi vuole parlarmi sia telefonicamente che negli inevitabili prolungamenti delle visite, mi rendo conto di quanto sia prezioso il tempo, e di quanto, purtroppo, la gente non lo consideri. Ognuno cerca di attingere quanto più può del mio tempo, fregandosene quasi sempre delle mie esigenze e di quelli che a loro volta possono aver bisogno della mia disponibilità. E’ emblematico il caso di chi, durante una visita, mostra evidenti segni di insofferenza quando rispondo al telefono e mi trattengo a dare risposte a chi, peraltro a sua volta, prolunga inutilmente e forzatamente i tempi di conversazione, per poi, una volta conclusa la visita, diventare quello che telefona e richiama alla prima occasione, per chiedere qualsiasi bazzecola che provoca perdita di tempo a chi intanto è passato davanti alla mia scrivania, e così via. Ma comunque, e più in generale, avverto l’esigenza di trovare maggior rispetto del mio tempo da parte della gente.
Credo che nel suo “Autismi” si possano identificare due parti ben distinte: una di carattere più strettamente scientifico e tecnico, in cui parla diffusamente ed in modo aggiornato delle cause, dei sintomi, della diagnosi e delle terapie dell’autismo; l’altra, forse anche più accattivante e stimolante, in cui ha inserito considerazioni, commenti, articoli anche polemici, interventi di genitori, di gente che elogia o critica il suo lavoro, fino ad arrivare ad un capitolo dove si trovano aforismi che lei definisce collegabili alle sue esperienze ed alla sua attività.
Sì, è così. In “Autismi” ho voluto fornire al lettore, prima un’ampia trattazione di taglio prettamente scientifico, per consentire di entrare in possesso di elementi chiari e inequivocabili (per quanto apparentemente complessi) sul tema delle funzioni comunicative e delle loro distorsioni con relative cause e meccanismi di innesco; quindi un’altrettanto ampia presentazione di una raccolta di scritti, interventi in web, articoli, estratti di discussioni e dibattiti, lettere di genitori, di terapisti, racconti di aneddoti, citazioni di aforismi… che concorressero e contribuissero ad aprire il più possibile una finestra sul mondo degli autismi ed altre problematiche ad essi collegate.
“Autismi” non è però un libro che parla solo dell’autismo.
Non si parla solo di autismo, ma di ipercinesia, deficit attentivo, epilessia, paralisi cerbrali, sindrome di Down, ritardi di linguaggio, disturbi di apprendimento, psicosi dell’infanzia, dell’adolscenza e dell’età adulta. Si parla di medici, di errori, di decisioni che definisco scandalose, si parla di leggi, di scuola, di insegnanti, di famiglie… Insomma, “Autismi” non è un libro di sola medicina per soli addetti ai lavori.
Oltre che di terapie, lei parla anche di terapisti, dedicando loro ampi spazi.
Eh, sì, perché i terapisti, nel bene e nel male, sono i protagonisti degli interventi rimediativi verso le patologie della comunicazione, e quindi anche verso gli autismi. In venticinque anni di carriera, posso affermare senza mezzi termini, di aver incontrato più terapisti mediocri e deludenti che terapisti brillanti e validi. Questo, la gente deve saperlo. Deve essere chiaro da quali e quanti livelli scadenti bisogna stare alla larga se si vuole offrire a un bambino ciò che di meglio può servirgli per combattere il suo handicap. Nel mio libro riporto alcuni tra gli episodi più significativi che fanno comprendere il mio punto di vista su chi vale e su chi, come ho scritto in un paragrafo, “farebbe meglio ad andare a lavare i vetri delle auto ai semafori”.
Torniamo al capitolo sulle cause: in un’ampia prima parte, lei elenca tantissime cromosomopatie che possono essere responsabili di inneschi più o meno diretti di autismo. Sembra un’elencazione noiosa e di difficile lettura, invece risulta essere un preziosissimo punto della situazione su ciò che di genetico è stato già identificato come primo anello di una complessa catena che può generare tante forme di autismo, e vi aggiunge anche un significativo numero di casi rientranti tra le sue osservazioni personali...
Quello della genetica è effettivamente un capitolo molto discusso. Da una parte credo sia necessario rendere ben chiare le premesse genetiche che possono stare alla base di un innesco diretto o di una predisposizione allo sviluppo di una sindrome autistica, soprattutto in risposta a quanti credono ancora che l’autismo sia il risultato di un disagio psicologico-relazionale; da un’altra parte ritengo altrettanto necessario chiarire che non ci sono soltanto cause genetiche alla base dell’autismo (come altri vorrebbero far credere), perché altrimenti non si spiegherebbe l’aumento esponenziale del numero di casi di questa patologia nel corso di pochi decenni, fenomeno non compatibile con una patogenesi soltanto genetica.
Sicuramente una delle parti più toccanti e più concreta del suo libro è quella delle testimonianze dei genitori. Si possono leggere tante storie veramente emozionanti, ma traspare anche la particolarità del rapporto che lei ha instaurato con tanti genitori e tante famiglie. Si rivolgono a lei più come ad un amico che come ad un medico.
Quella è una delle parti del libro a me più care, e non perchè vi si leggono elogi e ringraziamenti per me e le terapiste del mio staff; ma perché vi sono raccolte testimonianze reali, di famiglie che descrivono il dramma dell’autismo dall’interno del loro dolore, delle loro esperienze, delle loro delusioni e dei loro successi. In molti casi si nota che ci si rivolge dandosi del “tu” tra me e loro. Nel corso degli anni, il rapporto con tante famiglie di bambini autistici che ho seguito, si è modificato, è evoluto, si è trasformato in amicizia, sana complicità, condivisione di lavoro e di emozioni.
Alcuni degli argomenti che emergono leggendo il suo libro, toccano temi di carattere sociale ed economico: mi riferisco, ad esempio, al paragrafo “Genitori separati e interruzione delle cure”, o a quando discute degli interessi economici delle industrie del farmaco (sia in omeopatia che in allopatia), o, ancora, degli interessi che promuovono alcune metodiche riabilitative.
Il dramma dell’autismo ha generato anche questo tipo di realtà. Mi è sembrato logico e più completo includere anche tematiche come quelle identificanti un divorzio che travolge anche il prosieguo delle cure per un bambino che ne ha bisogno, o come quelle relative ai legittimi dubbi che vengono a genitori che si sentono oggetto di autentiche campagne promozionali di vaccinazioni senza limiti o, al contrario, di complesse e costose cure (omeopatiche o allopatiche che siano) per disintossicare i bambini da eventuali danni da vaccino, o di campagne promozionali che sfiorano il fanatismo, a vantaggio di determinate metodiche riabilitative spacciate come uniche valide, quasi che tutto il resto del mondo fosse formato da ciarlatani.
Leggendo il suo “Autismi”, mi ha colpito, tra le altre, questa frase: “…mi sono chiesto quante volte il successo raggiunto da una famiglia nel recupero del proprio bambino con autismo, non rappresenti un’odiosa spina nel fianco di chi non ha ottenuto altrettanti risultati…”.
Ecco, qui si tocca l’aspetto più spinoso, più imbarazzante, diciamo pure più odioso dell’argomento autismi. Senza mezzi termini, sostengo che almeno una parte di quanti negano che si possa venir fuori dall’autismo, si pronunci così perché non è riuscita a risolvere il problema, o come terapista, o come genitore. Non voglio essere cattivo o severo con queste persone, però non posso neppure ammettere che si neghi che esistano bambini che hanno estinto la sintomatologia autistica, perché agendo in questo modo si diffonde negativismo, catastrofismo e scetticismo verso un tipo di intervento che, se condotto con tempestività e competenza, può cambiare la vita di tante famiglie. E non è giusto che queste famiglie debbano essere destinatarie di disinformazione, per motivi di ignoranza, rabbia o invidia.
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