venerdì 3 giugno 2016

Logopediste escluse ma che si autoescludono in partenza


Mi scrive una logopedista:
Dottore buonasera. Mi rincresce non aver potuto partecipare al suo corso, ma quest'anno ho avuto un po’ di difficoltà organizzative...però mi faccia sapere le nuove date e cercherò di fare il possibile per esserci. Detto ciò volevo condividere con lei un fenomeno che ultimamente vedo verificarsi tra i miei pazienti. Ho avuto modo di vedere diversi bambini tra i 2 anni e mezzo 3 con sospetta diagnosi di autismo o comunque disturbo generalizzato dello sviluppo... non verbali. Li ho inviati come da routine dal neuropsichiatra per poter intraprendere l'iter diagnostico... Alla fine del percorso le diagnosi erano conferma dei miei sospetti...ma l'incredibile e che a 3 bambini su 4 hanno detto di interrompere la logopedia e di fare 4 volte a settimana terapia cognitivo comportamentale… con metodo… Ora...io mi chiedo... perché???? E come è possibile che diano indicazione di non fare la logopedia perché non è di primaria importanza per il linguaggio?? Io rimango allibita e senza parole...
Questa la mia risposta:
Buonasera, la mia risposta alle sue legittime perplessità, ha radici multiple, che spero di esporre in modo chiaro e sintetico: Innanzitutto, perché l'invio "come da routine" al neuropsichiatra e non al foniatra? Personalmente, come foniatra, sono molto più portato di un neuropsichiatra a indicare una presa in carico logopedica e non una terapia "cognitivo comportamentale" (che poi che significa?) peraltro condotta da operatori spesso improvvisati, e con competenze inferiori ai logopedisti. Ma, e qui viene un secondo punto, i logopedisti si fanno trovare davvero più preparati e all'altezza della situazione? Terzo punto: credo di no, almeno nella maggior parte dei casi. Vede, la contraddizione è anche questa: i logopedisti vorrebbero maggiori spazi e attenzioni, ma si rivolgono loro per primi agli alleati meno adatti (i neuropsichiatri). Perché io organizzo -ormai da venti anni- corsi continui di formazione e aggiornamento? Proprio per dare possibilità di trovare maggiori spazi "logopedici" nella riabilitazione, dalla voce artistica all'autismo, dalle paralisi cerebrali alle balbuzie, dai disturbi di apprendimento alle sordità... e così via. Ma se i logopedisti per primi si autolimitano e non saldano meglio i rapporti con foniatri come me, accade e accadrà sempre più spesso ciò che lei mi ha riferito in questa mail. Seguire i miei corsi, non deve essere visto come un accontentare me, ma come il trovare spazi, ambienti, situazioni e occasioni per valorizzare al massimo le proprie competenze (logopediche) e il proprio lavoro. Sono sempre stato il più forte alleato e sponsor della logopedia, ma... non profeta in patria! Cordialmente.

Massimo Borghese

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